“Il dottore ha detto che non è urgente….”
Ogni volta che un clinico pronuncia queste parole una segretaria muore dentro!
Quante volte la figura che all’interno dello studio è deputata alla presentazione dei preventivi si è sentito/a ripetere queste parole dal paziente che usciva dalla visita con il medico?
Tante.
E’ il feedback che ho dagli studi con cui collaboro e dalle statistiche sulle obiezioni che sollevano i pazienti in fase di presentazione del preventivo e uno dei motivi per cui non proseguono le cure.
Segretari/e in preda a una crisi di nervi data dal fatto di essere tra incudine e martello.
Fatturati da creare, pazienti da persuadere e titolari che, a volte, sembra remino contro.
Eppure si dovrebbe lavorare tutti in un unica direzione verso un unico obiettivo. O no?
In effetti lo è perché è altrettanto chiaro che ogni ruolo ha in sé degli scopi differenti.
E’ una questione di prospettive e punti di vista e, dal punto di vista del clinico, di modus operandi.
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IL SIGNIFICATO CHE VIENE ATTRIBUITO ALLA “NON URGENZA”
VARIA AL VARIARE DEL RUOLO E DELLA PERSONA
Partendo dal fatto che l’urgenza dal punto di vista medico ha una connotazione di un quadro clinico acuto” , “non urgente” solitamente non equivale a “meno importante” ma semplicemente qualcosa che non deve essere necessariamente affrontato nell’immediato.
Può avere anche altri significati ma per ora rimaniamo su questo.
Per la segretaria/o rappresenta un’opportunità legata alla fattibilità di pianificazione, operativa ed economica.
Per il paziente “non urgente” equivale a “non necessario”.
In mancanza di dolore, sintomi evidenti appare difficile giustificare al paziente un esborso finanziario.
E la segretaria si troverà a lottare come Don Chisciotte contro i mulini a vento.
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3 PROBLEMI CHE DEVI CONOSCERE QUANDO PARLI DI “NON URGENZE”
Problema N° 1 – L’attribuzione di significato e il paziente tipo
Come scritto poc’anzi per ogni ruolo esistono diverse interpretazioni della parola urgenza e della “non urgenza”.
Bisognerebbe mettersi tutti d’accordo sul significato e sullo scopo.
Medici, segretari e pazienti.
Oltre al significato bisogna fare i conti anche con il tipo di paziente che abbiamo davanti.
Ci sono persone che tendono a voler prendere subito in mano la situazione mentre altre tenderanno a procrastinare.
Il nostro modo di comunicare la “non urgenza” darà a quest’ultime il lasciapassare per non curarsi andando a creare via via che passa il tempo le urgenze.
Si parla tanto di prevenzione e cura.
Il nostro compito dovrebbe essere quello di prevenire.
Un’altra cosa che dovremmo cercare di comprendere attraverso la nostra indagine preliminare è se la persona è più protesa verso la terapia o la cura.
In quest’ultimo caso (dal mio punto di vista, il paziente ideale) il tuo voler minimizzare la cosa potrebbe non essere vista di buon occhio e potresti essere giudicato come “superficiale”. Ci avevi mai pensato?
Potremmo parlare quindi di soggettività della “non urgenza”?
Direi proprio di si.
Possiamo anche affermare che i medici in qualità di esperti possono guidare i pazienti nel prendersi cura anche delle cose “non urgenti”.
Problema N° 2 – Le comunicazioni contrastanti
Il tema della “no urgenza” crea spesso, come scritto a inizio articolo, contrasti, dissapori e mal di pancia tra l’area clinica e la segreteria.
Oltre questo c’è anche un altro aspetto da prendere in considerazione: le comunicazioni contrastanti che il paziente riceve dal medico e dalla segreteria.
Il medico dice che “non è urgente” e la segreteria non riuscirà a farsi accettare il preventivo.
Se non c’è un obiettivo chiaro e dichiarato il rischio è che le due aree ragionino secondo logiche, scopi e obiettivi differenti.
La clinica ragionerà in base alle necessità squisitamente cliniche ma non terrà conto di tutti gli aspetti operativi di gestione.
Questo potrebbe mettere in difficoltà il paziente che vedrà nell’area di segreteria un nemico succhia soldi e approfittatore.
In qualsiasi caso le comunicazioni dovrebbero essere sempre coerenti.
Inoltre, una corretta gestione operativa dovrebbe sempre tener conto e creare i presupposti per la fattibilità di pianificazione delle diverse risorse necessarie e offrire soluzioni di pagamento adeguate.
Problema N° 3 – Le nostre credenze limitanti
Oltre a tutto questo bisogna fare i conti anche con le paranoie/pippe mentali che ci facciamo in merito.
In ordine sparso e senza la benché minima presunzione di essere esaustivo questi alcuni esempi delle sopra citate:
“Se faccio così (dicendogli che non è urgente) tengo il paziente sotto controllo”
“Non voglio dare l’idea di volerci speculare sopra.”
“Io sono sincero e dico le cose come stanno realmente.”
“Non voglio dare l’idea di essere troppo aggressivo/a.”
“Se gli presento un piano di cura con tutte le cose che deve fare scappa.”
“Ho l’agenda satura, non saprei dove metterlo.”
E via di questo passo.
Ognuno di questi pensieri si configura all’interno della categoria “Credenze Limitanti”: pensieri che limitano il nostro potenziale.
Convinti di avere l’approccio corretto ci stiamo beatamente dando la zappa sui piedi.
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PERCHE’ NON FUNZIONANO
1° Punto
“Se faccio così (dicendogli che non è urgente) tengo il paziente sotto controllo”.
I pazienti non hanno fondi infiniti e, a volte, anche le cose “non urgenti” dovrebbero essere messe in cantiere per fare in modo che non lo diventino.
Là fuori è pieno di persone e strutture più competenti di te e del tuo staff pronte e prenderti i pazienti senza tante carinerie.
Questo dato è sotto gli occhi di tutti, visto e considerato come, mediamente, sono strutturate le anagrafiche degli studi odontoiatrici: 30% pazienti attivi (con un appuntamento futuro) e 70% pazienti inattivi.
I pazienti girano, sono volubili, si lasciano attrarre dall’offerta, dalle novità, da un consiglio di un amico/a.
Quindi se pensi di tenerlo sotto controllo sei parecchio fuori strada.
Forse un tempo era così, oggi non più.
2° Punto
“Non voglio dare l’idea di volerci speculare sopra”.
Una cosa è specularci una cosa è riferire tutto quello che hai trovato in fase di controllo.
Dare delle indicazioni chiare su tutto quello che trovi in visita è parte integrante del tuo dovere.
3° Punto
“Io sono sincero e dico le cose come stanno realmente”.
Come abbiamo visto nelle righe precedenti le percezioni e i punti di vista possono essere molto diversi rispetto al ruolo e al tipo di persona.
Dire come stanno realmente dovrebbe anche tener conto di chi abbiamo davanti
4° Punto
“Non voglio dare l’idea di essere troppo aggressivo/a”
L’aggressività può essere espressa in vari modi e situazioni.
Riferire al paziente lo stato di salute dei suoi denti, anche se con differenze sostanziali tra urgenze e non, può essere detto e percepito senza nessun tipo di aggressività.
E’ tutta una questione di premesse e chiusure efficaci di conversazione.
5° Punto
“Se gli presento un piano di cura con tutte le cose che deve fare scappa”
Includere tutte le prestazioni in un unico preventivo e un’unica richiesta offre l’opportunità al paziente di prendere coscienze del suo stato di salute dentale, chiedere se ci sono delle priorità, potersi programmare i pagamenti, poter chiedere un finanziamento (include tutto e paga in comode rate).
Farsi accettare un preventivo non è una passeggiata, frammentare lo stesso in urgenze e non diventa un gioco statisticamente svantaggioso.
Più aumenta il numero di preventivi che presento più aumenta la probabilità di vederli scartati.
E’ anche una questione di modalità operative.
I clinici con qualche “pelo bianco in più” sul petto hanno una modalità operativa e un approccio più incentrato sulle urgenze mentre la generazione entrante ha un approccio che comprende piani di cura in cui non viene lasciata da parte nessuna prestazione.
6° Punto
“Ho l’agenda satura, non saprei dove metterlo”.
In primis, è la tua segreteria che deve occuparsi dell’agenda e non tu.
Inoltre, hai mai pensato che tutto questo potrebbe bloccare la tua crescita?
Un paziente dopo l’altro, un giorno dopo l’altro, per un anno, quante volte l’hai detto e hai limitato la tua crescita?
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COME GESTIRE LE “NON URGENZE” ODONTOIATRICHE
Innanzitutto distinguiamo la gestione operativa da quella comunicazionale.
Le “non urgenze” andrebbero comunque programmate.
Questo modus operandi ti permetterà di avere delle agende con una gestione di medio e lungo termine e non perderti per strada i pazienti della tua anagrafica, correndo il rischio che vadano da altri.
Dal punto di vista comunicazionale, se proprio non ne puoi fare a meno, prova e interfacciarti con i prossimi pazienti con queste frasi:
“Le prestazioni da fare sono queste, di cui queste sono assolutamente urgenti mentre le altre dobbiamo programmarle prima che lo diventino…”
“Le prestazioni da fare sono queste, di cui queste sono assolutamente urgenti mentre le altre possiamo programmarle entro [DATA] prima che lo diventino…”
La tua segreteria ti ringrazierà!
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IL CAMBIO DI PARADIGMA
E’ necessario fare un cambio e passare da “non urgenti” a “da programmare”.
E’ sempre più vitale passare da “single terapie” alla creazione e presentazione di “piani di cura completi”.
Questi passaggi, supporti da altre azioni strategiche, creeranno i presupposti per:
- aumentare la tua base pazienti,
- migliorare la qualità della tua anagrafica, evitando di perderteli per strada,
- aumentare il fatturato del tuo studio
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IN CONCLUSIONE
Spesso siamo noi, consciamente o meno, che ci complichiamo la vita mettendoci il bastone tra le ruote da soli.
Parlare di urgenze e non a chi non ha sollevato la questione è un errore gravissimo che spero che tu non commetta.
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SINTESI DELL’ARTICOLO
Il problema della comunicazione tra medici, segreteria e pazienti riguardo alle urgenze e non urgenze è comune negli studi medici e odontoiatrici. Questa situazione genera incomprensioni e difficoltà operative.
- La frase “non è urgente” crea spesso malintesi e problemi.
- Ogni ruolo (medico, segretaria, paziente) attribuisce significati diversi alla “non urgenza”.
- La mancanza di sintomi evidenti rende difficile per i pazienti giustificare il costo delle cure non urgenti.
- È importante avere una comunicazione coerente tra medici e segreteria.
- Le “non urgenze” dovrebbero essere programmate per evitare che diventino urgenti.
- Cambiare paradigma da “non urgente” a “da programmare” è essenziale.
- Questo approccio aumenta la qualità della gestione pazienti e il fatturato dello studio.
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Toshiro